Gennaio 23, 2024
Perché una persona si rivolge a uno psicologo? Le motivazioni sono innumerevoli, potremmo addirittura dire che le motivazioni sono tante quante le persone stesse.
Se ci si pensa chi va dallo psicologo va per lamentare un sintomo, c’è chi accusa ansia, chi attacchi di panico, chi difficoltà relazionali, e così via.
Tuttavia si potrebbe individuare un fattore specifico che accomuna tante persone rispetto alla ragione per cui vanno dallo psicologo, e questo punto condiviso è il seguente: si suppone che lo psicologo sappia qualcosa che possa aiutare a star meglio.
Dopotutto è una premessa ben comprensibile, “vado dallo psicologo perché lui sa qualcosa che io non so, e come il medico sa delle malattie del mio corpo, così lo psicologo sa dei disturbi della mia psiche”. Tuttavia non è scontato capire immediatamente cosa lo psicologo sappia, in fin dei conti si sa che è una persona che ha studiato psicologia, che si è laureata e che è stata abilitata ad un albo professionale e che quindi un gruppo di specialisti l’ha legittimato come pronto a svolgere la professione. In altre parole è stato riconosciuto come possessore di quel sapere che uno psicologo deve avere.
Ma che cosa lo psicologo saprebbe di importante tanto da essere d’aiuto alle persone che si rivolgono a lui?
A questa domanda, sempre che si ritenga lecito porsela, si possono trovare differenti risposte ma tipicamente queste ruotano attorno all’idea che lo psicologo sappia come si stia nelle relazioni, quali decisioni sia meglio prendere, come sia efficace rappresentarsi alcune dinamiche, addirittura che lo psicologo possa comprendere le cause nascoste che starebbero dietro a sofferenze e difficoltà manifeste.
Ora, queste risposte sono forse le più comuni (ma se ne possono trovare anche di altre e pure assai diverse) e difatti non sono delle risposte propriamente sbagliate, in fin dei conti lo psicologo studia e si occupa molto di tali questioni; ma il fatto che se ne occupi, che le studi, non indica di per sé che sappia indicare alle persone il modo giusto con cui affrontarle, dopotutto il suo studio potrebbe portarlo a concludere che “il modo giusto” non c’è. Per esempio lo psicologo può aver studiato gli attacchi di panico, quindi può sapere come si svolgono, quando compaiono, che vissuti provocano, a cosa sono legati e cosi via. Tuttavia il fatto che lo psicologo sappia queste nozioni non determina che sappia cosa dire alla persona che si rivolge a lui per farle sparire come per magia l’attacco di panico e qualsiasi altro sintomo.
Certo, ci sono psicologi che adottano delle tecniche più “prescrittive” di altri, psicologi che in altre parole sono più propensi a restituire alla persona una qualche risposta che possa risolvere il problema che questa accusa. Anche in questi casi però, i casi dello psicologo che ho chiamato “prescrittivo”, non vanno intesi troppo rigidamente. Intendo dire che per quanto lo psicologo sia propenso a dare delle informazioni e delle indicazioni non assume mai la posizione del medico che svolge la sua professione prescrivendo un farmaco che lui sa essere la cura.
Ma se allora lo psicologo non condivide il suo sapere, se insomma “non dice come fare”, che cosa fa? Se il suo modo di lavorare differisce da quello del medico che possiede la giusta medicina da somministrare, allora in che modo agisce lo psicologo? O ancora, cosa se ne fa lo psicologo del suo sapere dal momento che pare non sembri fornirgli una metaforica cassetta delle medicine che invece ha il medico?
Io proporrei di riflettere su quel fattore specifico che ho individuato all’inizio: nelle prime righe scrivevo “si suppone che lo psicologo sappia qualcosa che possa aiutare a star meglio”, ma proviamo a ribaltare questa espressione in questo modo “lo psicologo suppone che la persona che viene da lui sappia qualcosa che possa aiutarla a star meglio” aggiungendo però “senza saperlo”. È forse un’espressione un po’ ingarbugliata, proviamo a chiarirla: lo psicologo sa che la persona che si rivolge da lui suppone che egli sappia qualcosa che possa aiutarla. Sa anche che in una certa misura le persone gli chiedono in qualche modo di essere un medico, spesso è come se gli venisse chiesto “dammi la medicina psicologica che mi permetta di risolvere il mio problema psichico”. Ora, lo psicologo sa di essere messo in questa posizione, ma non vi aderisce. Lo psicologo non finge di essere come un medico perché quello che lui sa, ecco cosa sa lo psicologo, è che la “medicina psicologica” che gli viene chiesta non è lui ad averla, ma ce l’ha la stessa persona che gliela chiede, solo che questa non sa di averla.
Sta qui forse la specificità del sapere dello psicologo, certamente “sa” di relazioni, di pensiero, di sofferenza, ma più di tutto – se proprio di sapere vogliamo parlare – lo psicologo sa relazionarsi alla persona in modo tale che questa possa dire quel che non sapeva di poter dire, sa far trovare la medicina che la persona credeva avesse lo psicologo e che invece aveva proprio in tasca.
Cosa sa lo psicologo? Lo psicologo sa portare la persona a dire quello che non sapeva di sapere.